LE STORIE
Passeggeri: i volti della crisi dei migranti nel Mediterraneo
Fissando la fotocamera con uno sguardo irremovibile, il ventitreenne Amadou Sumaila sta in piedi sul ponte, con il Mar Mediterraneo sullo sfondo. È uno dei 118 uomini e ragazzi appena recuperati da un sovraffollato gommone trovato alla deriva a 20 miglia nautiche dalla costa libica, fotografati tutti subito dopo il soccorso.
È il mese di agosto 2016, un anno in cui oltre 360.000 migranti compieranno questa traversata per raggiungere l'Europa. Diventerà anche l'anno con la più alta mortalità registrata, con 5.098 persone morte o disperse nel Mediterraneo. Deciso a raccontare le storie delle persone al di là delle statistiche, il fotogiornalista di origine ispanico-iraniana César Dezfuli ha assistito per tre settimane al salvataggio dei migranti in pericolo recuperati da un'imbarcazione di soccorso.
La sua serie, Passengers, offre un impressionante catalogo di volti della crisi dei migranti. César l'ha realizzata utilizzando una Canon 5D Mark II con obiettivo Canon EF 35mm f/2 e ha avuto a disposizione solo due ore per fotografare l'intero gruppo prima che venisse trasferito su un'altra imbarcazione diretta in Italia, per cui ha potuto dedicare meno di due minuti a persona.
"Ho fotografato tutte le persone a bordo della stessa imbarcazione qualche minuto dopo che erano state soccorse, nel tentativo di dare un nome e un volto a questa realtà, di rendere umana questa tragedia", afferma César. "I loro volti, lo sguardo, gli indumenti, o l'assenza di questi, riflettono l'umore e lo stato fisico in cui si trovavano, in un momento che ha già segnato le loro vite per sempre. Documentare tutto questo può servire a portare la realtà della migrazione più vicina a coloro che la osservano solo a distanza."
Fotografare ogni passeggero singolarmente è stato importante per César, sia per dare loro un'identità distinta che per provare a creare un lavoro esclusivo. "Quando si fotografano persone in gruppi, è difficile dire veramente chi siano", afferma. "Inoltre, sentivo che la società stava iniziando ad abituarsi alle immagini dei soccorsi e a perdere la connessione, la propria empatia. Quindi ho pensato che dovevo fare qualcosa di diverso se volevo far passare il messaggio."
La società stava iniziando ad abituarsi alle immagini dei soccorsi, quindi ho pensato che dovevo fare qualcosa di diverso per far passare il messaggio.
Nonostante questo, César con grande frustrazione non riusciva a far pubblicare la sua storia sui giornali. Così ha deciso di presentare una sola immagine, il suo ritratto di Amadou, al Taylor Wessing Photographic Portrait Prize 2017, superando le 5.716 fotografie in concorso e aggiudicandosi il primo premio. La prestigiosa vincita ha portato nuova linfa alla sua serie di foto, offrendo alla storia quell'esposizione a livello globale che lui ha sempre pensato che meritasse. "Nessun media era interessato a pubblicare queste foto, mentre ora diverse testate le pubblicano, il che è piuttosto buffo. Sono molto contento perché voglio continuare a raccontare questa storia, dire alla gente ciò che accade. Sono felice che il messaggio sia arrivato."
Facebook ha consentito a César di entrare in contatto con Amadou, il quale, oltre 15 mesi dopo essere stato soccorso, risiede ancora in un centro italiano per migranti in Sicilia, in attesa di notizie sulla sua domanda di asilo. Amadou, fuggito dalla guerra nel suo Paese, il Mali, in Africa, al momento dell'incontro ha dichiarato di avere 16 anni, ma successivamente ha ammesso di essere sette anni più grande: gli era stato detto che le procedure del sistema sarebbero state più veloci in quanto minorenne.
"Penso che il ritratto di Amadou salti all'occhio per le emozioni che trasmette", afferma César in merito alla scelta di quel volto per rappresentarne 118. "Sta in piedi talmente in primo piano da creare un equilibrio perfetto nella composizione. Inoltre, il suo sguardo crea un confronto diretto con la fotocamera, rendendo la foto molto espressiva. I sentimenti di quel momento e la sua personalità si riflettono nell'immagine, la quale riassume perfettamente il significato dell'intera serie."
Tale peso emotivo è stato colto anche dai giudici. "Il suo sguardo era davvero magnetico, trasmetteva un'intensità e un'emozione straordinarie", afferma Sabina Jaskot-Gill, giudice del Taylor Wessing Photographic Portrait Prize 2017 e curatore associato per la sezione fotografie presso la National Portrait Gallery di Londra. "C'è quella specie di paura, determinazione, quasi incertezza, un po' di diffidenza. Il fatto che quest'uomo sia stato tratto in salvo dal mare e che posi per il ritratto riuscendo a esternare una tale presenza è davvero incredibile. Si possono inviare fino a sei ritratti per il concorso, ma César ne ha presentato uno solo, il che è stato veramente coraggioso."
César, che utilizza anche gli obiettivi Canon EF 24mm f/2.8, EF 24-105mm f/3.5-5.6 e EF 50mm f/1.4, lavora come fotogiornalista da tre anni ma scrive anche gli articoli. Si è già occupato di storie alquanto diverse, come la revoca della politica del figlio unico in Cina, le elezioni in Kenya e gli attentati di Parigi del 2015. La migrazione è diventata un tema centrale e César stesso si è trovato nel posto giusto al momento giusto per documentare l'emergenza di questo fenomeno di massa in Europa. "Stavo lavorando a un'altra storia relativa ai Paesi della ex Jugoslavia nel 2015 e, mentre ero lì, è iniziata la crisi dei migranti. Sono stato sul posto fin dall'inizio", racconta. "Ho documentato l'itinerario della migrazione nei Balcani e ho intervistato uno degli uomini che all'epoca trafficavano clandestinamente i migranti in Europa, una storia incredibile."
Il giornalismo è una cosa con cui si convive quotidianamente, non un lavoro che si svolge otto ore al giorno per poi tornare a casa.
Attualmente residente fuori Madrid, César rivolge la sua attenzione ai fatti importanti a livello globale. Per lui, il fotogiornalismo incisivo nasce dalla passione innata per le storie e dalla curiosità per il mondo. "È necessario essere molto creativi e pensare in modo giornalistico. Credo che sia qualcosa che viene da dentro, è il modo in cui si è. Il giornalismo è una cosa con cui si convive quotidianamente, non un lavoro che si svolge otto ore al giorno per poi tornare a casa. Quindi, è necessario essere curiosi, a contatto con la società e con la gente in generale."
La mostra del Taylor Wessing Photographic Portrait Prize si trova presso la National Portrait Gallery fino all'8 febbraio 2018.
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